Direttamente da Minneapolis, Riccardo Pratesi ha rilasciato un’intervista esclusiva ad I love NBA: l’autore del libro “30 su 30 – Viaggio nelle arene NBA” nonché corrispondente per la Gazzetta dello Sport e Sky Sport, ha detto la sua su svariati temi, dai migliori colpi della free agency ai tanti talenti usciti dal Draft, passando per le possibile conferme e sorprese della prossima regular season ad Est e Ovest. Di seguito le sue parole.

 

La regular season 2018-2019 è ormai alle porte. Qual è la squadra che più ti ha convinto in free agency e quella da cui invece ti aspettavi qualcosa in più?

“Beh, i Lakers hanno portato a Los Angeles LeBron: l’Oscar del mercato non può che essere gialloviola. Gran colpo anche di OKC che ha rinnovato George. Mi aspettavo di più da Houston e Philadelphia: i Rockets hanno perso Ariza e l’arrivo di Melo non li rende comunque più forti, i 76ers hanno perso ai playoff contro Boston senza Irving e Hayward e ora se  li ritrovano contro, con Toronto rinforzata da Leonard: la conferma dello status quo non basta per chi ha ambizioni da Finals…”.

 

La classe rookie ‘18 è considerata una delle migliori degli ultimi anni: secondo te chi è più pronto per competere per il Rookie of the Year tra i tanti nomi interessanti?

“Credo che Doncic, grazie all’esperienza europea ai massimi livelli, tra Spagna ed Eurolega, sia pronto per dare un contributo immediato a Dallas.  Poi credo che Sexton e Bagley accumuleranno statistiche importanti, soprattutto dal punto di vista realizzativo a Cleveland e Sacramento giocando per squadre da Lotteria. Tra le matricole più mature dico Carter, il lungo da Duke di Chicago: non un fenomeno, ma sa fare bene tutto, un Horford 2.0 che può stupire per completezza”.

 

Le contender si stanno rinforzando per cercare di colmare il gap con i Warriors: Houston ha lavorato bene ed è sempre la seconda forza oppure ai Lakers basterà LeBron per diventare l’anti Golden State?

“Credo che i Lakers in stagione regolare siano da quinto/sesto posto. Ma in una serie secca di playoff diventano insidiosissimi. Soprattutto a livello di primo turno, dopo non credo abbiano la maturità per proseguire la corsa. No, le gerarchie a Ovest rimangono quelle tradizionali: Houston seconda forza, poi OKC se l’operazione a Westbrook non lascia strascichi, quindi Utah prima delle seconde, per qualita del collettivo e del coaching di Snyder. E una volata playoff che si preannuncia avvincente, di gruppo, in chiave settimo/ottavo posto”.

 

Jimmy Butler sempre più lontano da Minnesota: a tuo avviso saluterà alla naturale scadenza del contratto oppure già quest’anno? E quali sono le mete più credibili per lui?

“Butler ha richiesto la trade a Minnesota perche obbligato da Towns che ha legato il suo rinnovo di contratto all’addio di Jimmy. A quel punto, il clan Butler ha deciso – a 5 giorni dal media day e 6 dall’inizio degli allenamenti – di chiedere ufficialmente la cessione a Thibodeau. Il quale, ormai inviso al proprietario Taylor, senza Butler sul quale aveva impostato il progetto tecnico, non ha più un motivo che lo legittimi a rimanere su quella panchina dopo i disastri compiuti nella doppia veste di allenatore e dirigenti. Dunque, andrà anzitutto capito  se i Wolves accontenteranno Butler per accontentare Towns e SE lo faranno cosa (poco) riusciranno ad ottenere in cambio. Nets, Knicks e Clippers le possibili destinazioni e non hanno asset da playoff immediati, uno scambio a fine settembre è follia pura. Se la franchigia decidesse di non effettuare una trade comunque perdente in partenza, con Jimmy in scadenza tra 12 mesi, allora l’alternativa è far chiarire Butler e Towns (più Wiggins, il cui fratello ha esultato su Twitter alla notizia della trade di Butler) che turandosi il naso dovrebbero coesistere per un’ultima stagione prima dell’addio a uno dei due a giugno. Situazione imbarazzante, totalmente imprevedibile come tempi. Un inedito per quanto è grottesca…”.

 

MVP: tra il bis di Harden, i sogni di gloria di Antetokounmpo e Davis e il solito LeBron. Chi parte favorito?

“Forse Embiid. Considerando le dinamiche di squadra, se restasse sano, e non è un se da poco, potrebbe davvero mettere su numeri clamorosi…”.

 

Per Tatum, Simmons, Embiid e Mitchell la stagione 2018-2019 sarà quella della definitiva consacrazione in NBA?

“Tatum e Simmons sulla carta sono comunque secondi violini a Irving ed Embiid rispettivamente. Per Tatum la sfida sarà crescere diventando più completo, più ancora che come realizzatore, in un contesto di squadra (ben allenata da Stevens) molto bilanciato. Per Mitchell sarà la prova del 9 dopo la favolosa campagna da matricola, andata oltre ogni aspettativa. Da Embiid, come accennavo, mi aspetto la consacrazione definitiva: sarà il primo terminale offensivo di una squadra importante. E quest’anno finalmente si potrà allenare tra una partita e l’altra…”.

 

Chi tra i giocatori che ambiscono all’All-Star Game, e che l’anno scorso non hanno partecipato, potrebbe guadagnarsi un posto l’anno prossimo?

“L’Ovest è pazzesco, per competizione. Paul lo meriterebbe di certo, ma non è scontato per la concorrenza. Faccio un nome che meriterebbe più pubblicità: Holiday. Se ripetesse la stagione precedente, pur senza Rondo di fianco…”.

 

Con l’addio di LeBron ad Est, per il titolo di campioni di Conference se la giocheranno Boston, Philadelphia e Toronto o ci si può aspettare qualche sorpresa (ad esempio Bucks e Pacers)?

“Credo che i nomi siano quei tre. Con un ordine abbastanza chiaro: Boston davanti a tutti. E i canadesi seconda forza, grazie a Kawhi. I Bucks sono il possibile “intruso”, coach Bud il loro vero rinforzo. Indiana molto solida, affidabile, ma non immagino picchi da finale di Conference”.

 

Ad Ovest, invece, tante corazzate ma una sola squadra da battere: i Golden State Warriors. L’arrivo di Cousins rende tutto ancor più semplice in questo senso?

“Non necessariamente. Anzitutto il suo rientro come tempistica, resta tutto da valutare. Poi sul piano del talento non c’è alcun dubbio che aggiunga tanto. Soprattutto la minaccia in post basso che mancava in attacco ai campioni. Ma in uno spogliatoio con personalità combustibili come Green e Durant aggiungere Boogie può avere pericolosi effetti collaterali. Chiaro che per i Warriors, a quel prezzo, il minimo salariale, il tentativo valeva comunque la pena. Ma le incognite fisiche e di testa sono palesi. C’è un motivo per il quale non c’era la fila per Cousins, e le offerte erano modeste…”.

 

Dai Pistons di Griffin, Drummond e coach Casey ai Wizards di Wall e Howard, passando per i Thunder di Westbrook e George e i Blazers di Lillard e McCollum: quale di queste squadre riuscirà a fare meglio dell’anno scorso secondo te? E quale, invece, continuerà a deludere le aspettative?

“Oklahoma City per il talento disponibile, quella con più margini di crescita. La chimica di squadra, quantomeno tecnica, dovrebbe poi essere migliorata, con l’addio di Melo e il rinnovo di George. Poi il rientro di Roberson darà una grossa mano difensiva. Non credo ai Wizards perche mettersi in spogliatoio Howard, quando hai già Wall, significa andare a cercarsi ulteriori guai, specie con un coach yes man come Brooks. Portland ha talento da playoff, ma i 3 migliori giocatori faticano in difesa: ha limiti strutturali che ne circostanziano le ambizioni. Detroit credo migliori, ma anche se acciuffasse la scia playoff non immagino imprese in post season”.