Dopo aver vissuto una stagione ben al di sotto delle aspettative, uscendo al primo turno dei playoff per la seconda volta consecutiva al cospetto degli Utah Jazz (4-2), gli Oklahoma City Thunder hanno operato in maniera piuttosto particolare sul mercato. Pur tenendosi stretta il proprio leader e principale punto di riferimento Russell Westbrook, infatti, OKC ha apportato innumerevoli cambiamenti al roster.

 

L’addio di Paul George, che sembrava praticamente certo dopo il clamoroso flop con i Jazz, con PG13 che appariva destinato ad accasarsi ai Los Angeles Lakers, è stato sventato contro ogni pronostico: l’ex Indiana Pacers, infatti, ha firmato un rinnovo quadriennale al massimo salariale con i Thunder, decidendo di restare dopo una stagione in cui, nonostante i risultati negativi, si è adattato piuttosto bene al contesto.

 

Tante, però, anche le novità in entrata e in uscita: nel primo caso, da menzionare gli arrivi di Dennis Schröder, sesto uomo di lusso e Nerlens Noel, affidabile backup di Steven Adams, mentre nel secondo caso spicca la cessione di Carmelo Anthony, poche settimane dopo che Melo aveva esercitato la player option per la stagione attualmente in corso. L’ex Nuggets e Knicks non si era calato bene nel ruolo di terzo violino della squadra, deludendo ampiamente le aspettative.

 

Inevitabile, dunque, la separazione tra le parti, che tra l’altro ha permesso ad Oklahoma di liberare tanto spazio salariale, aspetto da non trascurare dati i contratti pesanti di Westbrook, George e Adams. I Thunder hanno cominciato nel peggiore dei modi la stagione, perdendo quattro volte in altrettante partite disputate, complice anche l’iniziale assenza di Westbrook in seguito ad un intervento al ginocchio che gli ha precluso la partecipazione alla preseason e alle prime due gare di regular season.

 

Col rientro di The Brodie, OKC ha cambiato marcia, trovando un quasi perfetto equilibrio tra attacco e difesa, anche e soprattutto grazie ai meriti non solo delle stelle della squadra, ma anche di giocatori del calibro di Jerami Grant – abile difensore ed efficientissimo stoppatore, promosso titolare in luogo di Carmelo Anthony – e del promettente sophomore Terrance Ferguson. Con una panchina sempre più profonda e un quintetto più equilibrato e solido, Oklahoma sembra poter dire la sua ad Ovest.

 

Se è vero che la regular season è cominciata da poco e gli equilibri delle due Conference sono ancora poco chiari, infatti, è pur vero che la striscia di ben vittorie consecutive non può passare inosservata, anche perché i Thunder hanno mietuto vittime illustri, tra cui gli Houston Rockets, limitati a soli 80 punti senza Westbrook e Roberson, e i New Orleans Pelicans, facendo registrare ben 115 punti a partita segnati e concedendone appena 102.8 nelle ultime sette partite.

 

Russell Westbrook, inoltre, in questo primo scorcio di stagione sembra aver mostrato una maggior attitudine al gioco di squadra e un atteggiamento meno individualista del solito: un fattore che potrebbe pesare e non poco nell’economia del gioco e dei risultati dei Thunder. Prima dell’inizio della regular season 2017-2018, OKC veniva considerata da molti come la principale antagonista dei Golden State Warriors, essendo stata l’ultima squadra arrivata ad un passo dall’eliminare la squadra della Baia ad Ovest nelle Conference Finals del 2016.

 

Quella serie, in cui Oklahoma si fece rimontare da un vantaggio di 3-1 al 4-3 finale in favore dei Warriors, pose la parola fine sull’avventura di Kevin Durant in maglia Thunder, con KD che decise di accasarsi proprio in quel di Oakland. Con la partenza del fenomeno col 35 sulle spalle, quattro anni dopo quella di James Harden, Westbrook ha potuto fare ben poco per far competere i suoi, trascinandoli al sesto posto ad Ovest (45-37) e al primo turno dei playoff, perso 4-1 contro gli Houston Rockets nel 2016-2017.

 

Lo scorso anno, col fallimento esperimento dei Big Three, sembrava aver chiuso definitivamente le possibilità che i Thunder restassero una temibile contender, ma OKC ci ha messo poco a ritrovare le proprie certezze, mantenendo pressoché intatta la struttura della squadra e inserendovi tasselli utili alla causa. La difesa è l’arma fondamentale, l’attacco è quasi totalmente nelle mani del duo Westbrook-George, con Schröder chiamato ad assicurare un apporto prezioso dalla panchina. 

 

In un quadro del genere, con i Thunder che sembrano aver trovato finalmente quella concretezza e quella mentalità che tanto gli erano mancate negli ultimi anni, Oklahoma potrebbe giocarsi le sue carte e dare filo da torcere alle altre contender e magari (perché no?) anche ai campioni in carica dei Golden State Warriors: why not?