Piove sul bagnato in casa Houston Rockets. Oltre a non aver mai usufruito della squadra al completo in questa prima parte di stagione (col rientro di Gordon dopo tre partite, infatti, restano ancora indisponibili Brandon Knight e Nenê), coach Mike D’Antoni deve fare i conti con la spinosa situazione relativa a Carmelo Anthony, protagonista di un inizio di stagione piuttosto altalenante.

 

Indisponibile nella sfida persa per 96-89 in casa dei San Antonio Spurs (settima sconfitta in undici gare di regular season per i Rockets), infatti, Melo ha alternato buone prestazioni – in particolar modo contro i Clippers, i Jazz, i Nets e i Bulls, gare in cui ha messo a referto rispettivamente 24, 22, 28 e 17 punti – ad altre sottotono, fino alla disastrosa prova in occasione del suo ritorno ad Oklahoma.

 

Al cospetto degli Oklahoma City Thunder, squadra in cui Melo ha vissuto la peggior annata della sua carriera lo scorso anno, infatti, l’ex Denver Nuggets e New York Knicks ha fatto registrare appena 2 punti con un pessimo 1/11 al tiro (0/6 da dietro l’arco). Dopo una serie di gare abbastanza convincenti, in cui Anthony aveva messo in evidenza le sue qualità e una buona attitudine al nuovo ruolo, torna a tenere banco la questione della sua funzionalità alla causa dei Rockets.

 

Messo sotto contratto la scorsa estate con un annuale da appena 2,4 milioni di dollari (minimo salariale per i veterani), dopo aver effettuato il buyout con gli Atlanta Hawks, che a loro volta lo avevano prelevato dagli Oklahoma City Thunder in una trade a tre squadre (coinvolti anche i Philadelphia Sixers), il classe ‘84 sembrava destinato a partire in quintetto, salvo poi vedersi mandare per la prima volta in panchina nel corso della sua lunghissima carriera.

 

34 anni compiuti lo scorso 29 maggio, Anthony sta viaggiando a medie di 13.4 punti e 5.4 rimbalzi col 40,5% al tiro e il 33% da dietro l’arco in 29,4 minuti d’impiego per partita in 10 presenze, facendo registrare dunque le stats più basse della sua carriera per ciò che concerne media punti e minutaggio, anche se ciò è ovviamente legato al nuovo ruolo cucitogli addosso da D’Antoni, ossia quello di spot up shooter in uscita dalla panchina.

 

Il compito di Anthony a Houston, infatti, è essenzialmente quello di fare la differenza entrando dalla panchina e convertire in canestri gli assist di Chris Paul e James Harden. In rarissime occasioni, infatti, Melo ha avuto la possibilità di fare possessi in isolamento in questa prima parte di stagione, limitandosi al catch & shoot sugli scarichi dei compagni. Una veste totalmente nuova per un giocatore che per gran parte della sua carriera, a Denver prima e New York poi, viveva un contesto decisamente diverso.

 

Houston per lui rappresenta l’occasione per rilanciarsi e dimostrare di poter essere ancora un giocatore determinante in un contesto altamente competitivo, nonostante l’età che avanza e il fatto che i tempi di Denver e New York siano ormai soltanto un lontano quanto dolce ricordo. Recentemente il front office della franchigia due volte vincitrice del titolo NBA ha avuto un colloquio diretto col giocatore per chiarire la sua situazione.

 

Coach D’Antoni si sarebbe detto soddisfatto dell’attitudine e dell’impegno che Melo sta mostrando nel ricoprire il suo nuovo ruolo, ma il suo minutaggio potrebbe parzialmente calare, soprattutto dopo il rientro di Eric Gordon dall’infortunio dopo tre gare consecutive saltate e la sempre maggiore fiducia che l’ex Baffo sta riservando al rookie Gary Clark, autentica steal per i Rockets, che lo hanno messo sotto contratto dopo che nessuna squadra lo aveva scelto allo scorso Draft.