Il recente periodo di crisi dei Cleveland Cavaliers sembra ormai rappresentare soltanto un lontano ricordo. Nel giorno della trade deadline, i Cavs hanno recitato un ruolo di primo piano nell’ambito delle trattative, stravolgendo in buona parte il proprio roster con le partenze dei vari Dwyane Wade, Jae Crowder, Isaiah Thomas, Iman Shumpert e Derrick Rose e gli arrivi di George Hill dai Sacramento Kings, Rodney Hood dagli Utah Jazz, Jordan Clarkson e Larry Nance jr. dai Los Angeles Lakers.

 

In molti avevano prontamente bocciato le scelte della dirigenza della franchigia dell’Ohio, ritenendo che la squadra si fosse indebolita più che rafforzata. Oltre a ciò, ci si aspettava che i Cavaliers provassero fino all’ultimo ad accaparrarsi DeAndre Jordan, rimasto ai Los Angeles Clippers, e magari anche Kemba Walker, che non si è mosso da Charlotte. Entrambi sembravano destinati a lasciare le rispettive squadre, ma alla fine sono rimasti alla base e Cleveland ha deciso di puntare su altri giocatori.

 

Se è vero che sulla carta i Cavs sembravano essersi indeboliti ulteriormente, è pur vero che in questi casi occorre sempre e comunque attendere il giudizio del campo, unico vero giudice. Ebbene, il verdetto non solo ha dato, almeno fino a questo momento, ragione al front office della squadra dell’Ohio, ma ha anche messo in evidenza un gruppo molto più compatto, cinico e determinato rispetto a quello ammirato nell’ultimo mese e mezzo. La scelta di rinunciare a giocatori su cui si era puntato fortemente la scorsa estate (Thomas, Crowder e Wade) si è rivelata difficile, ma necessaria.

 

I primi due, infatti, non si erano adattati al contesto, in particolar modo IT, che non è mai stato in grado di non far rimpiangere Kyrie Irving e di dare l’impressione di poter dare un contributo importante alla causa. L’infortunio di Kevin Love, in questo senso, non ha fatto altro che peggiorare una situazione già complicata, portando la società ad agire sul mercato per riassestare la squadra. Con il vecchio roster, i Cavs avevano perso quattordici volte nelle ultime ventidue gare disputate prima della trade deadline, di cui undici volte nelle diciannove partite giocate tra gennaio e i primi giorni di febbraio.

 

Oltre a ciò, la squadra sembrava a dir poco demotivata ed il gruppo tutt’altro che unito, ragion per cui contro i Minnesota Timberwolves ci ha pensato il solito LeBron James a togliere le castagne dal fuoco, contribuendo in maniera determinante al successo per 140-138 contro i Lupi di Minneapolis all’overtime. Salutata buona parte del vecchio roster ed accolti i nuovi arrivati, Cleveland ha infilato altre tre vittorie dopo quella interna con Minnesota, superando nell’ordine gli Atlanta Hawks per 123-107 alla Philips Arena, i Boston Celtics per 121-99 al TD Garden e gli Oklahoma City Thunder per 120-112 alla Chesapeake Energy Arena.

 

Alla prima gara dopo la deadline, quella vinta in quel di Atlanta, non hanno preso parte i nuovi volti della squadra, con i Cavs che si sono aggrappati al loro leader e principale punto di riferimento LeBron James (tripla doppia da 22 punti, 12 rimbalzi e 19 assist), agli ottimi apporti dalla panchina di Jeff Green (24 punti) e Kyle Korver (30 punti) e al sorprendente Cedi Osman, autore di 16 punti, 6 rimbalzi e 5 assist alla sua prima presenza in quintetto tra le fila di Cleveland.

 

Sul campo dei Celtics, nel giorno del ritiro della maglia di Paul Pierce, invece, ha debuttato in quintetto George Hill (12 punti) e, in uscita dalla panchina, hanno fatto il loro esordio anche Larry Nance jr. (5 punti, 4 rimbalzi e 3 assist in 21′), Rodney Hood (15 punti e 3 rimbalzi in 19′) e Jordan Clarkson (17 punti e 3 rimbalzi in 23′). Al di là dei numeri, i quattro nuovi arrivati si sono rivelati sin da subito funzionali al sistema dei Cavs, mostrandosi particolarmente determinati e volitivi.

 

Nel frattempo coach Tyronn Lue sta continuando a dare fiducia al giovane turco Cedi Osman, schierandolo in quintetto in luogo dell’infortunato Kevin Love e ricevendo in cambio ottime prestazioni, anche e soprattutto in fase difensiva. Ed è proprio sotto quest’aspetto, tallone d’Achille dei Cavs, che la squadra ha mostrato enormi progressi nelle recenti gare. I vari Hill, Hood e Clarkson assicurano molta più stabilità in fase di copertura rispetto a Thomas e la squadra ne sta beneficiando e non poco.

 

Nel più recente successo in casa di OKC, gli ex Lakers Nance jr. e Clarkson e l’ex Jazz Hood hanno messo insieme 41 punti in uscita dalla panchina sui 54 totali fatti registrare dalla second unit, mentre LeBron si è confermato sui livelli mostrati fino a un mese fa (37 punti, 8 rimbalzi e 8 assist). Nelle ultime uscite, inoltre, sta stupendo e non poco l’efficienza di J.R. Smith (media di 13,3 punti per partita nelle ultime tre gare disputate). Insomma, nonostante l’assenza di un elemento cardine qual è Love e la partenza di numerosi giocatori, Cleveland sembra aver trovato la quadratura perfetta per tornare a recitare un ruolo da protagonista ad Est prima e, soprattutto, nei playoff poi.

 

Ciò detto, bisognerà verificare se i Cavaliers riusciranno a mantenere quest’andamento così positivo, anche perché per fare un bilancio definitivo dei Cavs 2.0 bisognerà attendere ancora un bel po’, ma al contempo la squadra ha innegabilmente messo in campo un atteggiamento molto più aggressivo e battagliero e il gruppo appare decisamente più compatto e unito, come sottolineato dal leader dello stesso LeBron James. Chi ha scartato i Cavs dalla lista delle pretendenti al titolo, probabilmente ha fatto i conti senza l’oste, perché la squadra dell’Ohio ora non ha più intenzione di fare sconti a nessuno, né di lasciare nulla al caso.