Con il suo rientro, gli Utah Jazz hanno ingranato la marcia e conquistato vittorie su vittorie, fino a rimettersi in corsa per i playoff e a tornare a dare un senso alla propria stagione, dopo che la prima parte di regular season era stata segnata da un andamento piuttosto negativo della squadra. Rudy Gobert è uno di quei giocatori imprescindibili per la franchigia di Salt Lake City, se non l’elemento più importante dell’intero roster, l’ingranaggio senza il quale la macchina non funziona.

 

Dopo aver giocato le prime 12 partite della regular season (5 vittorie e 7 sconfitte), il centro francese classe ’92 ha saltato le successive 11 gare, tornando in campo ad inizio dicembre, per poi essere costretto ad un nuovo stop dopo poco più di cinque partite giocate dal suo rientro, uscendo dal parquet dopo appena 2′ nella gara vinta contro i Boston Celtics lo scorso 16 dicembre. I Jazz fanno a meno del fondamentale apporto di Gobert per ben 15 partite, di cui ne perdono ben 11 e ne vincono appena 4.

 

Il contributo offerto dai vari Donovan Mitchell, Ricky Rubio, Derrick Favors e Rodney Hood non basta, i Jazz si allontanano in maniera sempre più considerevole dalla zona playoff e rischiano seriamente di sprofondare in classifica in una Western Conference combattutissima. Sul finire di gennaio, però, Gobert torna in campo contro i New York Knicks (23 punti, 14 rimbalzi e 3 stoppate in 30′) e fa subito sentire la sua presenza, con Utah che riesce man mano ad invertire la tendenza e a risalire la china con fiducia e autorevolezza.

 

Gobert si carica la squadra sulle spalle, infonde fiducia ai compagni su entrambi i lati del campo, spiccando per le sue eccelse prestazioni in fase difensiva, con una media di 2,7 stoppate e 1,2 palle recuperate per partita nelle quattro gare disputate dopo l’infortunio, e contribuendo in maniera determinante ai prestigiosi quanto inaspettati successi contro i Golden State Warriors campioni in carica e contro i sorprendenti Toronto Raptors (18 punti, 15 rimbalzi, 2 stoppate e una palla recuperata), vera e propria rivelazione ad Est.

 

Dal successo con i Detroit Pistons dello scorso 25 gennaio (98-95), i Jazz hanno inanellato una serie positiva di ben dieci vittorie consecutive, mietendo vittime illustri, tra cui, oltre ai Warriors e ai Raptors, anche i San Antonio Spurs, in ben due occasioni a distanza di pochi giorni, per poi perdere soltanto due volte, peraltro contro due squadre del calibro di Houston Rockets e Portland Trail Blazers, nelle successive dodici gare, totalizzando la bellezza di 21 vittorie in 23 partite e tornando a dire la loro in ottica playoff.

 

Merito anche e soprattutto del rientro di Gobert, che nelle 44 partite giocate fin qui ha fatto registrare medie di 14 punti, 10,7 rimbalzi, 1,3 assist, 2,3 stoppate e 0,7 palle recuperate per partita, tirando col 62% dal campo e col 69,4% dalla lunetta, eguagliando dunque il suo massimo in carriera per media punti in una singola stagione, stabilito lo scorso anno.

 

Dopo aver sfiorato la vittoria del Defensive Player of the Year (poi assegnato a Draymond Green) lo scorso anno, Gobert ha continuato a mettere in mostra le sue enormi qualità in fase difensiva, frutto di un lavoro intenso e di un’enorme fiducia in sé stesso, come dimostrano proprio le sue parole: “L’anno scorso Draymond Green ha vissuto una stagione fantastica ed ha meritato di vincere il premio di miglior difensore. Quest’anno, però, la corsa al DPOY non è chiusa. Non c’è nessuno al mondo che influenza il gioco difensivamente come lo faccio io.”