I Philadelphia Sixers stanno gradualmente raccogliendo i frutti di tanti anni passati ai margini della Eastern Conference, all’insegna del tanking per accaparrarsi le scelte più alte possibili al Draft e costruire una squadra in grado di tornare a dire la sua in ottica titolo dopo i fasti dell’era Allen Iverson, decade in cui la franchigia della Pennsylvania tornò a disputare le Finals, arrendendosi soltanto al cospetto dei Los Angeles Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant per 4-1 nel 2001, a distanza di diciotto anni dalle Finali del 1983, sempre contro i gialloviola (in quel caso, i Sixers si imposero per 4-0, conquistando il terzo titolo della loro storia).

 

Dopo aver sempre fallito l’approdo alla post season negli ultimi cinque anni ed aver superato soltanto in due occasioni il primo turno dal 2002 al 2012, infatti, Philadelphia ha deciso di mettere le fondamenta per un progetto futuro e destinato a riportare la franchigia tra le squadre più forti della lega. Un’idea tutt’altro che semplice da attuare, anche e soprattutto per i tempi piuttosto lunghi che l’hanno contraddistinta. Dopo aver selezionato Joel Embiid con la terza scelta assoluta nel 2014, i Sixers hanno chiamato con la medesima scelta Jahlil Okafor (ceduto recentemente ai Brooklyn Nets) l’anno seguente e negli ultimi due anni hanno avuto la prima scelta, selezionando rispettivamente Ben Simmons e Markelle Fultz.

 

Quest’ultimo ha disputato sin qui appena 4 partite in regular season, mentre Simmons ha debuttato soltanto quest’anno, mettendo in mostra tutto il suo enorme potenziale e formando un duo tanto talentuoso quanto efficace con l’altro pezzo da novanta della squadra della città dell’amore fraterno, quell’Embiid che l’anno scorso, se solo non fosse stato falcidiato dagli infortuni, avrebbe potuto portarsi tranquillamente a casa il premio di Rookie of the Year. Trovata la continuità d’impiego necessaria dopo aver saltato buona parte dei suoi primi tre anni in NBA, il centro camerunese ha preso in mano le redini della squadra in brevissimo tempo.

 

Con medie, rispettivamente, di 23,4 punti, 11,1 rimbalzi, 3,3 assist, 0,7 palle recuperate e 1,8 stoppate il primo e 16 punti, 7,9 rimbalzi, 7,9 assist, 1,7 palle recuperate e 0,8 stoppate, Embiid e Simmons stanno trascinando i Sixers al ritorno ai playoff: la squadra guidata da coach Brett Brown è infatti attualmente quarta nella Eastern Conference con un record di 41 vittorie e 30 sconfitte, ed ha dunque eguagliato il numero di successi raggiunto nel 2010-2011. Oltre a ciò, a Philly basta appena un’altra vittoria nelle prossime undici gare per avere la certezza di concludere la regular season con un record positivo, cosa che non accade addirittura dal lontano 2004-2005.

 

In quell’anno, Allen Iverson era ancora il leader di una squadra talentuosa ed ambiziosa, oggi è un Hall of Famer con tanti trofei in bacheca (un MVP, due MVP dell’All-Star Game, quattro volte miglior marcatore della regular season, tre volte leader per palle rubate e Rookie dell’anno), tranne, appunto, quel tanto agognato titolo di campione NBA di cui potrebbero forgiarsi in un futuro non troppo remoto i Sixers, che affidano le proprie speranze future all’esplosione di Embiid e Simmons, alla crescita di Fultz e al giusto mix tra talento ed esperienza. Quest’anno, infatti, oltre ai già citati talenti pescati al Draft, stanno offrendo un contributo essenziale anche giocatori più esperti, tra cui J.J. Redick, Marco Belinelli, Amir Johnson e T.J. McConnell.

 

Da un leader all’altro, il passaggio di consegne tra un’importante pezzo di storia della franchigia, rappresentato da Allen Iverson, e una stella destinata a brillare sempre di più qual è Ben Simmons, tra i favoriti per la vittoria del Rookie of the Year, The Dream sembra aver finalmente trovato il suo erede, l’uomo giusto per raccoglierne l’eredità e provare ad emularne le immense gesta, con la stessa maglia indosso: lo stesso Iverson, infatti, ha speso parole al miele nei confronti dell’ala australiana classe ’96. “Ben Simmons è un grande giocatore, nonostante sia ancora molto giovane” e se a dirlo è uno del calibro di Iverson, significa che il famoso “Processo” è finalmente giunto a compimento e Philadelphia può tornare a sognare ad occhi aperti.