Gli Houston Rockets sono indubbiamente una delle più liete conferme di questa regular season che volge al termine e, dopo aver incantato lo scorso anno con un basket divertente ed efficace, raggiungendo il terzo posto ad Ovest, alle spalle soltanto dei futuri campioni dei Golden State Warriors e degli intramontabili San Antonio Spurs, quest’anno sono riusciti incredibilmente ad alzare l’asticella, tanto da conquistare con largo anticipo la vetta della classifica della Western Conference e centrare il miglior record della loro storia (64-16). A due partite dal termine, le trasferte contro Los Angeles Lakers prima e Sacramento Kings poi (entrambe sono già da tempo fuori dalla corsa playoff).

 

Mike D’Antoni, premiato con il prestigioso riconoscimento di Coach of the Year lo scorso anno, ha trasformato i Rockets in una vera macchina da triple, in grado di regalare spettacolo ed emozioni partita dopo partita. L’ex playmaker dell’Olimpia Milano ha vinto numerose scommesse, ha scoperto le enormi potenzialità da point guard di James Harden, ha valorizzato Clint Capela, ha rilanciato i vari Eric Gordon, Ryan Anderson e, più recentemente, Gerald Green, ha inserito alla grande un giocatore come Chris Paul nel proprio sistema di gioco. Alla luce degli incredibili risultati raggiunti e dei tanti record battuti, da Houston ci si attende ora un salto di qualità netto che ne attesti una volta per tutte i progressi compiuti negli ultimi anni, che coincide con una maggiore solidità in quei playoff in cui lo scorso anno non andò benissimo, o meglio, non andò come sarebbe potuta andare.

 

I Rockets, infatti, dapprima superarono agevolmente gli Oklahoma City Thunder del futuro MVP Russell Westbrook, battendoli per 4-1 al primo turno, poi diedero anche l’impressione di poter tenere testa senza particolari patemi d’animo ai San Antonio Spurs, vincendo gara-1 delle semifinali di Conference all’AT&T Center e bloccando gli Speroni di Gregg Popovich sul 2-2 dopo le prime quattro partite, salvo poi doversi arrendere nelle successive due sfide, entrambe vinte dalla franchigia nero-argento. L’ultima gara, in particolare, rappresenta una ferita ancora aperta per Houston, che tra le mura amiche aveva l’occasione di rinviare il verdetto finale a gara-7, ma cadde clamorosamente con un netto 114-75.

 

Rispetto alla post season della scorsa stagione, però, i Rockets sembrano una squadra molto più matura e consapevole, hanno letteralmente sbaragliato la concorrenza in una Western Conference più combattuta che mai, hanno dalla loro un Chris Paul in più, una panchina ancor più profonda e competitiva e, soprattutto, hanno compiuto enormi passi in avanti senza abbandonare l’ambizioso percorso intrapreso nella passata stagione, col general manager Daryl Morey e coach Mike D’Antoni che continuano ad operare con grandissima passione e competenza per riportare i Rockets alla vittoria di quel titolo che manca addirittura dal 1995.

 

Proprio in merito all’anello, che è inevitabilmente il traguardo cui ambiscono gli Houston Rockets, che hanno intenzione di dimostrare di essere in grado di porre fine già da quest’anno all’egemonia dei Golden State Warriors ad Ovest, il principale punto di riferimento della franchigia texana, James Harden, ha espresso le proprie sensazioni: “Il nostro obiettivo finale è vincere il titolo, quindi finché non lo faremo non ci saranno festeggiamenti. Non abbiamo ancora fatto nulla”. Il Barba, insomma, sembra avere le idee chiare sul compito che i suoi devono cercare in tutti i modi di portare a termine ed è già con la testa in modalità playoff. Non resta che attendere il 15 aprile, per quello che sarà soltanto l’inizio di una post season che si preannuncia a dir poco infuocata.