Arrivato nella grande rivoluzione del roster dei Cavs di febbraio, Hood viene subito indicato come un giocatore interessante che può essere molto importante per la second unit dei cavalieri, apparsa fino a quel momento davvero poco solida.

Dopo le iniziali 39 partite a Salt Lake City, quindi, si ritrova catapultato in un contesto completamente diverso, dove si sta già puntando alla vittoria del titolo.

Il debutto sembra promettente: all’esordio, infatti, in occasione del match contro i Celtics al TD Garden, fa registrare 15 punti e 3 rimbalzi in 19 minuti, dando quindi un importante apporto dalla panchina a James e compagni.

La seconda uscita conferma quello di buono già visto al debutto: mette a referto 14 punti e 2 rimbalzi.

 

Successivamente, insieme agli altri nuovi arrivati, nelle restanti partite ci saranno poche luci e molte ombre.La produzione di punti non a caso è diminuita rispetto alle iniziali partite disputate con Utah: da produrre 16.8 punti, 2.8 rimbalzi e 1.7 assist a partita, infatti, è sceso a 10.8 punti, 2.6 e 1.4 rimbalzi. Valori anche sotto la sua media in carriera (13 punti, 3 rimbalzi e 2 assist). In compenso, però, nelle 21 partite giocate con i Cavs quest’anno è riuscito a mantenere un Net Rating (differenza tra offensive e defensive rating) positivo e con esso anche il plus/minus.

Nelle serie dei playoff, finora, ha fatto registrare di media:

– Serie con Indiana: 6.3 punti, 1 rimbalzo e 1 assist in 18.9 minuti a partita

– Serie con Toronto: 0.7 punti, 2.3 rimbalzi e 1.3 assist in 13 minuti a partita

A testimoniare le sue difficoltà di ambientamento in un contesto completamente diverso da quello disegnato da coach Snyder, è accaduto un evento che ha rischiato di incrinare il rapporto con la nuova franchigia.

Proprio nella serie con Toronto, durante gara 4 delle semifinali di Eastern Conference (vinta dai Cavs 128 – 93), Rodney Hood si è rifiutato di entrare nel garbage time.

Ma cosa è successo esattamente? In quel momento, Cleveland era avanti di 30 punti con 7:38 rimanenti sul cronometro e, al momento della sostituzione, suggeriva di far giocare Jose Calderon al suo posto.

Era la fine della partita, erano 7 minuti da giocare. Ho visto che Jose [Calderon] voleva entrare e quindi ho detto loro di farlo giocare. Sarei però dovuto entrare e non ci sarebbe stato alcun malinteso. E, ovviamente, avrei dovuto immaginare tutto questo. La prossima volta entrerò. Mi sono scusato con Lue per l’accaduto, ed ecco tutto.

[I compagni] Stavano ridendo quando ho chiesto scusa dicendomi ‘Hood, questa non è affatto una follia visto tutto quello che abbiamo passato quest’anno” – dice – “Quindi hanno dato poco peso a tutto ciò, hanno capito.

Quando è stato chiesto se Osman sia ancora davanti nelle rotazioni rispetto a Hood, coach Lue ha risposto “Vedremo“.

Riguardo all’evento in sè ha invece dichiarato: “È un bravo ragazzo. Non voleva fare nulla di cattivo. Questo non è affatto lui. Noi lo sappiamo e lo comprendiamo. Ci siamo semplicemente passati sopra.

Riguardo a questa vicenda è arrivato il pesante commento di Scottie Pippen, il leggendario secondo violino di Michael Jordan: “Quando giochi così male hai bisogno di giocare nel garbage time.”

Richard Jefferson, tra l’altro ex conoscenza dei Cavs, ha parlato così: “C’è un aspetto emotivo da considerare. Personalmente, per un ragazzo come lui, era una situazione emotiva. Lui stesso è felice che ci siano passati sopra all’accaduto. Vuole giocare meglio e questo credo che sia il suo primo pensiero.

Rodney Hood è sicuramente un giocatore interessante, ma che ha probabilmente la necessità di ambientarsi per un tempo maggiore rispetto a quello avuto fino ad ora e di adattarsi da un sistema diametralmente opposto a quello dei Jazz, molto più corale, ad uno che fa affidamento principalmente alle individualità e al suo numero 23. Deve ritrovare anche la fiducia che sembra averlo un po’ abbandonato perché ritrovi il suo standard.