Pochi giorni fa gli Houston Rockets hanno riportato la serie con i Golden State Warriors in equilibrio, stravincendo il duello con i campioni in carica in gara-2. Dopo aver perso di tredici lunghezze in gara-1 (119-106), nonostante una prova magistrale di James Harden (41 punti e 7 assist), la squadra di Mike D’Antoni si è ampiamente riscattata nella seconda partita della serie, anche e soprattutto grazie alla super prestazione del supporting cast.

 

Harden e Paul, infatti, stavolta sono stati in ottima compagnia, con P.J. Tucker, Trevor Ariza ed Eric Gordon che hanno assicurato punti importanti: i primi due, oltre al consueto apporto in fase difensiva, hanno realizzato triple a valanga, al pari del terzo, che ha finalmente vissuto una serata da incorniciare dopo alcune prestazioni tutt’altro che esaltanti in questa post season. 68 punti in tre con 23/33 dal campo (69,7%) e 12/18 da dietro l’arco (66,7%): 19 punti per Ariza con 7/9 al tiro e 1/3 da tre, 22 per Tucker con 8/9 dal campo e 5/6 dalla lunga distanza e 27 in uscita dalla panchina per Gordon con 8/15 al tiro e 6/9 da dietro l’arco.

 

Anche e soprattutto grazie al loro apporto, apparso irrilevante in gara-1, in particolar modo per ciò che concerne Tucker e Ariza (appena 9 punti in due, con il primo autore di un solo tiro libero vincente e il secondo costretto a sedersi in panchina per gran parte del secondo tempo con 8 punti e 5 falli), i Rockets si sono imposti per 127-105, tenendo a bada i vari Stephen Curry (16 punti con 7/19 al tiro e 1/8 da tre), Klay Thompson (8 punti con 3/11 dal campo) e Draymond Green (appena 6 punti, ben 4 palle perse e altrettanti falli). Stavolta lo strapotere di un immarcabile Kevin Durant (38 punti dopo i 37 messi a referto in gara-1), non è bastato agli ospiti, che non hanno potuto fare affidamento sull’apporto degli Splash Brothers e dell’orso ballerino, apparsi in netta difficoltà.

 

Houston era chiamata a vincere per non andare ad Oakland sotto 2-0 ed ha risposto puntuale all’appello, mostrando carattere e grinta e battendo i Warriors facendo girare molto bene la palla e colpendo in contropiede con triple dall’angolo, schiacciate e layup. Tutto ciò anche e soprattutto grazie alle praterie tracciate da Chris Paul, che si conferma uno dei migliori playmaker nella lega, capace di trovare varchi invitanti per i compagni e di non dare mai punti di riferimento al reparto difensivo degli avversari. CP3 e il Barba tirano entrambi col 20% dalla lunga distanza (1/5 il primo, 3/15 il secondo), ma danno comunque il loro contributo e sono ben assistiti dai compagni.

 

I Rockets fanno tutto quello che avrebbero dovuto fare in gara-1, in cui era mancato il contributo di Tucker e Ariza, e dimostrano di poter tenere testa ai Golden State Warriors (probabilmente, si tratta dell’unica squadra della lega in grado di farlo), rifilando loro la sconfitta più pesante in post season da quando Kevin Durant è approdato in California. Houston, già data erroneamente per spacciata da molti dopo una sola partita, necessita di continuare su questa strada per allungare la serie e provare a vincerla. Va detto, però, che non sarà affatto semplice, anche e soprattutto se Durant dovesse continuare a rappresentare una costante minaccia per la difesa dei Razzi. KD, piuttosto isolato in gara-1, avrà bisogno a sua volta del supporto dei vari Curry, Thompson, Green e Iguodala.

 

Appena due i giocatori dei Warriors in doppia cifra in gara-2 (Durant con 38 punti e Curry con 16), un altro dato che non sorride affatto a Golden State. I campioni in carica, però, sapranno sicuramente come rimettersi in sesto e rialzare immediatamente la testa, anche se la batosta non può non influire sul proprio cammino. “Non siamo invincibili”, ha dichiarato Kevin Durant al termine della gara. Alle sue parole hanno fatto eco quelle di coach Steve Kerr, apparso piuttosto deluso per la prestazione dei suoi: “Ci hanno presi a calci nel sedere, non abbiamo scusanti”. Di tutt’altro umore D’Antoni, sicuro che “possiamo battere chiunque se ci esprimiamo al massimo”. Ad ogni modo, la serie è ancora lunga, nel bene e nel male, per entrambe le squadre.