Pochi giorni fa, Kevin Durant ha festeggiato il suo secondo anello in carriera, con annesso MVP delle Finals, risultando tra i principali protagonisti dello sweep rifilato dai suoi Golden State Warriors ai Cleveland Cavaliers di LeBron James.

 

The King ha offerto prestazioni sublimi anche nel corso delle recenti Finals, ma il suo apporto non è bastato ad evitare il cappotto ai suoi Cavs, risultati nel complesso troppo inferiori per contrastare la superpotenza di Golden State.

 

Dopo essersi trasferito ai Warriors, KD è stato oggetto di numerose critiche e ancora oggi i suoi detrattori non gli risparmiano severi giudizi circa la sua decisione di trasferirsi in una squadra già costruita per vincere e reduce da due apparizioni consecutive alle Finals, con tanto di vittoria nel 2015.

 

Il diretto interessato ha già più volte chiarito il proprio pensiero in merito, difendendo a spada tratta la sua scelta e spiegando nel dettaglio le ragioni principali che nella free agency dell’estate 2016 lo hanno portato a preferire i Golden State Warriors ai Boston Celtics e a lasciare gli Oklahoma City Thunder.

 

Durant, inoltre, è stato spesso e volentieri paragonato con LeBron James, non soltanto dal punto di vista tecnico (i due giocano entrambi da ala piccola e si assomigliano moltissimo), ma anche e soprattutto per ciò che concerne le loro scelte: anche nel 2010, infatti, The King fu duramente criticato per aver scelto di giocare con Dwyane Wade e Chris Bosh ai Miami Heat.

 

Il Big Three porterà quattro titoli di Conference e due anelli in quattro anni alla franchigia della Florida, con James che verrà più volte accusato di aver scelto la strada più agevole per vincere. Pochi anni dopo, la stessa sorte è toccata a KD, cui molti rivolgono l’accusa di aver rovinato la lega, rendendola meno avvincente e combattuta, soprattutto in ottica titolo.

 

Una provocazione che non sembra volersi placare, con Durant che, dal canto suo, è consapevole di aver dimostrato il proprio valore sul parquet ed è sempre più convinto che la scelta fatta due estati fa sia stata la migliore possibile per il prosieguo della propria carriera.

 

Due titoli e altrettanti MVP delle Finali di fila gli hanno permesso di scrollarsi di dosso l’etichetta di eterno secondo, visto che con gli Oklahoma City Thunder era riuscito a disputare appena una volta le Finals, tra l’altro perdendo in malo modo con i Miami Heat di LeBron James (4-1). L’unico trionfo centrato dal classe ‘88 con OKC è l’MVP vinto nel 2013-2014.

 

Nelle successive due Finali disputate da KD, dall’altra parte c’era sempre James, seppur con i Cleveland Cavaliers e non più con i Miami Heat. I due sono stati spesso confrontati in base alle loro squadre: il collettivo (Durant, Curry, Thompson, Green) contro il singolo (James, appunto), soprattutto quest’anno che i Cavs non avevano più Kyrie Irving e Kevin Love era reduce da un infortunio che lo ha fatto calare e non poco nel rendimento.

 

In merito a tale questione, Durant non ha usato mezzi termini per difendere la propria posizione e zittire una volta per tutte i tanti critici, soffermandosi sul fatto che venga considerato il secondo miglior giocatore della lega, alle spalle proprio di LeBron James: “Sono fiero di riuscire ad avere un ottimo impatto in ogni contesto e di aver sempre lavorato duro. È anche per questo che non ho avuto problemi ad adattarmi qui e ora mi sento un Warrior a tutti gli effetti. Penso che sia molto più semplice spiccare quando non si hanno fenomeni al proprio fianco, mentre è più difficile dividere il parquet con tanti altri grandissimi giocatori”.

 

Parole forti quelle di KD, che riserva una frecciatina tutt’altro che velata al proprio rivale LeBron James, con cui ha un ottimo rapporto fuori dal campo (i due sono amici e si stimano reciprocamente). Il campo, però, è un mondo a sé stante, dove ognuno si sente il migliore e non ha paura di dimostrare di esserlo. Non ci sono amicizie che tengano, eccezion fatta per quelle dei compagni di squadra: conta soltanto perseguire i propri obiettivi, senza se e senza ma.