Donovan Mitchell è reduce da una stagione a dir poco sensazionale, in cui si è rivelato già maturo per risultare uno dei principali punti di riferimento dei suoi Utah Jazz, trascinandoli al quinto posto ad Ovest con 48 vittorie e 34 sconfitte e alle semifinali di Conference, perse per 4-1 contro gli Houston Rockets.

 

Oltre a ciò, Mitchell ha battuto innumerevoli record per essere appena un rookie e, dunque, al suo primo anno nella lega, impressionando per il suo enorme talento e, soprattutto, per la capacità di gestire la pressione nei momenti decisivi. Il numero 45 dei Jazz ha chiuso la regular season con medie di 20.5 punti, 3.7 rimbalzi, 3.7 assist e 1.5 palle recuperate in 79 presenze, tirando col 43,7% dal campo.

 

Ai playoff, invece, il prodotto di Louisville classe ‘96 è riuscito a fare addirittura meglio, facendo registrare 24.4 punti, 5.9 rimbalzi, 4.2 assist e 1.5 palle recuperate in 11 apparizioni, tirando col 42%. Tra triple da vedere e rivedere, poderose schiacciate e scatti alla velocità della luce, a molti Mitchell ricorda, con le dovute proporzioni, il primo Dwyane Wade. 

 

Convinto a candidarsi al Draft da Chris Paul e Paul George e selezionato con la tredicesima scelta del primo turno, Mitchell è divenuto in poco tempo un beniamino dei tifosi degli Utah Jazz, nonché uno dei giovani talenti più iconici e rappresentativi della lega, tanto da essere uno dei finalisti del premio di Rookie of the Year, insieme a Ben Simmons e Jayson Tatum, con quest’ultimo leggermente più defilato.

 

Proprio in merito alla vittoria del prestigioso riconoscimento di Matricola dell’anno, con un testa a testa con Simmons di cui è protagonista ormai da mesi, Mitchell si è espresso così: “Certo che vorrei vincere il Rookie of the Year, ma penso che probabilmente non lo daranno a me. Ad ogni modo, i miei colleghi mi hanno assegnato il premio, per cui non importa di quello che pensano gli analisti, non sono loro che devono marcare me in campo”. Insomma, anche se non dovesse trionfare ai danni di Simmons e Tatum, il nativo di Greenwich, nel Connecticut, è consapevole di quanto fatto nella stagione da poco conclusasi.