I giocatori NBA finiscono spesso e volentieri sotto i riflettori, non soltanto per le prodezze che riescono a fare in campo, ma anche e soprattutto per il loro modo di pensare, i gusti nel vestire, le abitudini più bizzarre e insolite. Prima che atleti, insomma, si tratta di veri e propri punti di riferimento per tanti giovani appassionati e non solo.

 

In questo senso, impossibile non ricordare la famosa teoria sulla terra piatta esposta da Kyrie Irving nel podcast Road Trippin insieme a Richard Jefferson e Channing Frye, allora suoi compagni di squadra ai Cleveland Cavaliers. Quello dell’attuale point guard dei Boston Celtics, però, non è un caso isolato, in quanto non è raro che un giocatore NBA dica la sua su una tematica rilevante a livello geografico, storico, scientifico, letterario, sociale e culturale. 

 

Da segnalare anche la strampalata teoria di Jordan Clarkson sul rapporto tra uomini e dinosauri: secondo l’ex point guard dei Los Angeles Lakers, attualmente in forza ai Cleveland Cavaliers, infatti, la Terra era abitata da esseri umani alti il triplo dei dinosauri e questi ultimi erano i loro animali domestici. Irving e Clarkson, però, sono in ottima compagnia in quanto a pensieri e idee tanto rivoluzionari quanto stravaganti. 

 

L’ultimo in ordine cronologico a rientrare in questa categoria è Lonnie Walker IV, chiamato pochi giorni fa al Draft dai San Antonio Spurs con la diciottesima scelta assoluta. La guardia tiratrice classe ‘98, reduce da un anno di college in quel di Miami, ha detto la sua su vari argomenti, dal suicidio di Hitler allo sbarco dell’uomo sulla Luna: “Non credo affatto che Hitler e sua moglie Eva Braun si siano suicidati, insomma, un leader così potente non avrebbe mai potuto rinchiudersi in un bunker e farla finita. Sono sicuro del fatto che sia fuggito. Non sono convinto nemmeno dello sbarco sulla Luna. Solo perché è lì in cielo, non significa che sia accaduto realmente. Del resto, i dettagli dell’allunaggio sono troppo perfetti per essere veri”.

 

Walker IV si chiede anche se siano stati davvero gli schiavi a costruire le famose Piramidi egiziane e giustifica con serenità e schiettezza le proprie vedute: “Sono una persona dalla mente aperta, mi faccio continuamente domande. Spesso mi dicono che dico soltanto cose strane, ma non mi interessa: più è strana un’opinione, meglio è. L’importante è fare sempre un confronto tra pensieri diversi”.

 

Il rookie degli Speroni, dunque, non poteva non appoggiare Kyrie Irving: “È un ragazzo intelligente, è stato a Duke, sicuramente ha una sua personalità ed è giusto che abbia le proprie idee: sa bene quello di cui parla, le sue opinioni si sono anche diffuse piuttosto rapidamente sui social. La cosa più difficile di essere un giocatore di basket è essere conosciuto solo come un giocatore di basket. Mi piace pensare che non sia così, io sono diverso”.

 

L’ex Miami non è banale nemmeno quando parla del proprio idolo d’infanzia. Lecito aspettarsi Michael Jordan o Kobe Bryant, considerando anche che entrambi giocavano nel suo stesso ruolo, ma lui spiazza tutti: “Nella mia famiglia tutti amano Bruce Lee, ho visto tutti i suoi film e ogni volta che diceva qualcosa mio padre metteva in pausa e mi spiegava il significato delle sue frasi. Nelle sue parole c’è tanta verità, dice cose molto sagge. È un grande e lo stimo talmente tanto che anche nel mio stile di gioco mi ispiro a lui. A mia madre, invece, devo il mio lato ‘pazzo’: canto a squarciagola le canzoni di Frank Sinatra, la mia preferita è ‘Stranger in the night’”.

 

Avendo sempre avuto la passione per il basket, però, Walker IV non può non ispirarsi a grandi nomi che hanno fatto la storia del gioco e altri che figurano ancora tra i protagonisti: “Ho guardato all’infinito i video di Ray Allen per comprendere il suo modo di tirare, ma mi piacciono tantissimo anche C.J. McCollum e Klay Thompson. Il migliore di tutti i tempi è LeBron James, ma menziono anche Wilt Chamberlain, che era dominante sia atleticamente che fisicamente”. Per capire che tipo di giocatore è lui, invece, basta rileggere quanto dichiarato dallo stesso classe ‘98 in un colloquio tenutosi prima del Draft: “Mi è stato chiesto di paragonarmi a un oggetto: ho risposto che mi sento uno ‘spork’, metà cucchiaio (spoon) e metà forchetta (fork), perché sono completo”.

 

Dopo aver messo a referto medie più che positive al college, facendo registrare 11.5 punti, 2.6 rimbalzi, 1.9 assist, 0.9 palle recuperate e 0.5 stoppate per partita in 32 presenze stagionali, tirando col 41,5% dal campo, col 34,6% da dietro l’arco e col 73,8% dalla lunetta, il nativo di Reading, in Pennsylvania, è pronto a ripetersi in NBA con la maglia dei San Antonio Spurs, tra le cui fila avrà l’occasione di imparare tantissimo dal veterano argentino Manu Ginobili.

 

Insomma, Walker IV non ha ancora debuttato in NBA ma si è già messo in mostra come una delle matricole più iconiche ed intriganti selezionate al recente Draft, anche e soprattutto per il suo look stravagante, le sue idee curiose e una personalità più unica che rara. Un giocatore e, soprattutto, un ragazzo con una tale fiducia nei propri mezzi fisico-tecnici e nel proprio modo di essere non può non imporsi nella lega migliore del mondo.