Nella clamorosa quanto inaspettata sconfitta interna per gli Houston Rockets contro i New Orleans Pelicans (131-112 in favore degli ospiti) nella prima gara della regular season 2018-2019, Carmelo Anthony è partito per la prima volta dalla panchina nel corso della sua carriera, dopo aver giocato ben 1054 partite consecutive da titolare tra Denver Nuggets, New York Knicks e Oklahoma City Thunder dal 2003 ad oggi (gliene mancavano appena 65 per superare il record di Patrick Ewing di 1119 gare di fila in quintetto).

 

Arrivato in Texas la scorsa estate da free agent, Melo ha firmato un contratto annuale al minimo salariale con i Razzi, dicendosi disposto a tutto pur di rilanciarsi dopo la peggior annata della carriera con OKC e, al contempo, fare il bene della squadra. Dopo averlo testato in preseason da titolare e, nelle ultime gare, in uscita dalla panchina, coach D’Antoni, che lo aveva già allenato a New York, ha optato per la seconda opzione, rinforzando la second unit con un esperto talento del suo calibro, unitosi ai vari Eric Gordon, Gerald Green e Michael Carter-Williams.

 

Nel primo match della regular season con la maglia dei Rockets, Anthony ha fatto registrare 9 punti col 30% dal campo e il 20% da tre in 27′ in uscita dalla panchina, decisamente troppo poco per strappare un giudizio positivo e convincere i suoi detrattori circa un’eventuale rinascita. Se è vero che da un giocatore così importante ci si aspetta molto di più, anche e soprattutto dopo la stagione incolore ad Oklahoma City, è pur vero che Melo avrà tutto il tempo necessario per ambientarsi nel nuovo contesto e, in particolar modo, abituarsi al nuovo ruolo di riserva di lusso.

 

In merito alla situazione di Anthony, lo stesso Mike D’Antoni ha detto la sua: “So che per un giocatore del calibro di Carmelo è difficile accettare di partire dalla panchina, a me è accaduto in Europa, al mio ultimo anno di carriera con l’Olimpia Milano, e posso assicurarvi che non mi ha fatto piacere. Lo interpretai come una retrocessione, ma in realtà è stata una lezione per me. Per Anthony sarà dura da accettare, ma è una scelta fatta per il bene della squadra e per provare a vincere il titolo, noi lo apprezziamo. Lui ha detto che è disposto a tutto per la squadra e noi riteniamo che questa sia la cosa migliore per la squadra”.

 

Il coach dei Rockets, poi, ha paragonato la situazione del classe ’84 a quella di Bob McAdoo, che partiva dalla panchina nei gloriosi Los Angeles Lakers che tra il 1981 e il 1985 vinsero due titoli, nonostante fosse già stato precedentemente Rookie of the Year, MVP e tre volte miglior marcatore della regular season: “Bob McAdoo era un panchinaro nei Lakers negli anni ’80, con Kurt Rambis in quintetto. Se Melo cambierà idea in merito? Questo non lo sappiamo, di certo col suo innesto abbiamo qualcosa che l’anno scorso non avevamo e per noi non potrà che rivelarsi un bene”.