Tra i nomi dei giocatori che più stanno impressionando nel corso di questa stagione figura senza dubbio quello di Blake Griffin, anche se si parla relativamente poco dei suoi enormi progressi, sia per ciò che concerne il rendimento in campo che, soprattutto, per quanto riguarda la tenuta fisica e atletica di un giocatore che negli scorsi anni è stato frenato a più riprese da infortuni di vario tipo, più o meno gravi, tanto da saltare interamente la stagione da rookie e 111 gare su 640 dal 2010 al 2018.

Selezionato con la prima scelta assoluta al Draft 2009 dai Los Angeles Clippers, il prodotto di Oklahoma State debutta in NBA nel 2010-2011, vincendo il premio di Rookie of the Year grazie a medie di 22.5 punti, 12.1 rimbalzi e 3.8 assist col 51% al tiro in 82 presenze, tutte dal primo minuto, e partecipando all’All-Star Game nello stesso anno. Dopo un’altra annata piuttosto solida, in cui guadagna ancora la convocazione per l’All-Star Game e esordisce ai playoff, il classe ’89 sembra aver finalmente trovato la continuità necessaria per imporsi nel campionato più importante e competitivo al mondo.

Tra il 2014 e il 2018, però, Griffin è costretto a saltare ben 107 partite su 328 a causa dei problemi fisici che tornano a tormentarlo. Ciò nonostante, il suo rendimento resta imprescindibile per i Clippers, che nell’estate 2017 lo rinnovano con un quinquennale al massimo salariale da 173 milioni di dollari, per poi scambiarlo dopo appena sette mesi, prima della trade deadline, cedendolo ai Detroit Pistons in cambio di Tobias Harris, Boban Marjanovic e Avery Bradley.

Nella Motor City, Donkey Kong ha sin da subito formato una devastante coppia di lunghi, innegabilmente tra le migliori della lega, con Andre Drummond. Una bella quanto meritata soddisfazione per un giocatore che a inizio carriera prometteva di centrare molti più traguardi di quelli che attualmente detiene. In questo senso, i ripetuti infortuni hanno giocato un ruolo decisivo, suo malgrado, limitandolo vistosamente.

Proprio alla luce della sua estrema tendenza a infortunarsi, in molti considerarono scellerata la mossa dei Detroit Pistons, sostenendo che i Los Angeles Clippers avessero fatto bene a rimediare all’ingente contratto offerto a Griffin meno di un anno prima. La prima parte della sua nuova avventura professionale, del resto, sembrava dare ragione ai suoi detrattori, con i Pistons che hanno chiuso la scorsa regular season con ben 14 sconfitte nelle ultime 25 gare con l’ex Clippers, mancando l’approdo ai playoff.

Nella stagione attualmente in corso, la sua prima completa con la maglia dei Detroit Pistons, però, Griffin sta smentendo le critiche con i fatti, essendo stato in grado sin qui di adattare il suo gioco al nuovo contesto e all’evoluzione sempre più incessante della lega. Per intenderci, il nativo di Oklahoma City sta viaggiando a medie di 26.3 punti (career-high), 8.1 rimbalzi (massimo dal 2016) e 5.4 assist col 48% dal campo (un bel salto in avanti rispetto al 44% dello scorso anno) e, soprattutto, il 36.5% da dietro l’arco, con 2.5 triple segnate a partita su ben 6.8 tentativi per gara.

Basti pensare che, fino a due anni fa, il quasi 30enne non aveva mai tirato più di 1.9 triple per partita, totalizzando 268 tentativi da oltre l’arco nei suoi primi sette anni nella lega, di cui ben 113 nel 2016-2017, non andando oltre il 30% (80/268). Numeri comunque molto positivi per un lungo, certo, ma che al contempo appaiono decisamente bassi al cospetto delle cifre fatte realizzare dallo stesso Griffin nelle ultime due stagioni: 689 triple tentate col 36% (245/689).

In particolare, quest’anno l’ex Clippers ha già messo a referto 134 conclusioni vincenti dalla lunga distanza (tredicesimo nella lega, a pari merito con Luka Doncic e davanti a tiratori del calibro di C.J. McCollum, Joe Harris, Tim Hardaway jr., Danny Green, Harrison Barnes, Josh Richardson e Bryn Forbes) su 367 tentativi (sedicesimo davanti a Jae Crowder, Donovan Mitchell e Trevor Ariza, tra i tanti). Oltre a ciò, il numero 23 dei Pistons è primo nella lega per tocchi per partita, davanti a James Harden e Nikola Jokic (94.5), e terzo per passaggi effettuati per gara, alle spalle dello stesso Jokic e di Ben Simmons.

“Sono migliorato tantissimo e ho evoluto il mio gioco grazie al lavoro enorme che ho svolto la scorsa estate. Dopo tanti anni, ho avuto finalmente modo di lavorare con continuità nella offseason, iniziando a lavorare a metà agosto con sessioni di tiro senza alcun movimento.”, ha dichiarato il diretto interessato, che sembra aver finalmente trovato la continuità d’impiego e di rendimento necessaria per evolvere sempre di più il proprio stile di gioco e allinearlo con i tanti cambiamenti che continuano a segnare, anno dopo anno, la pallacanestro a stelle e strisce.