L’avventura di Dwight Howard ai Brooklyn Nets è durata appena il tempo di chiedere il buyout alla franchigia newyorkese. Arrivato alla corte di Kenny Atkinson in cambio di due seconde scelte future al Draft e di Timofej Mozgov, passato agli Charlotte Hornets, infatti, Superman ha intenzione di scegliere in prima persona la squadra in cui trasferirsi, testando il proprio valore in free agency.

 

Dopo aver chiuso la scorsa regular season con una doppia doppia di media da 16.6 punti, 12.5 rimbalzi, 1.3 assist e 1.6 stoppate per partita in 81 presenze, mostrando di poter dare ancora un ottimo contributo e di aver ormai superato i problemi fisici che lo hanno spesso e volentieri tormentato nel corso della sua carriera, soprattutto a Los Angeles e a Houston, il 33enne è pronto a rimettersi immediatamente in gioco.

 

“Voglio avere la chance di aiutare la mia squadra a vincere, il mio obiettivo è dimostrare quello che sono senza permettere alla gente di speculare su di me e sul mio passato. Fisicamente sto bene, per me questa è una cosa fondamentale. Senza infortuni, sono certo di poter dare ancora tanto in NBA”, ha dichiarato Howard in merito al proprio futuro. Con la free agency alle porte, Superman è pronto a riflettere per fare la scelta giusta, ma non sarà affatto semplice. 

 

Non che un giocatore del suo calibro non riesca a trovare in breve tempo un progetto stimolante da cui ripartire: semplicemente, la prima scelta del Draft 2004 ha spesso e volentieri faticato ad integrarsi nello spogliatoio delle tante squadre in cui ha militato negli ultimi quattro anni (Los Angeles, Houston Rockets, Atlanta Hawks e Charlotte Hornets), vivendo rapporti burrascosi con tanti colleghi e allenatori, Kobe Bryant ai tempi dei Lakers e Mike Budenholzer ad Atlanta su tutti.

 

Inoltre, il classe ‘85 nativo di Atlanta non è più quel giovane e dominante centro che sembrava non avere rivali sotto canestro ed era considerato l’erede di Shaquille O’Neal, ma resta comunque una macchina da doppie doppie, un lungo affidabile e tutt’altro che finito. Altro aspetto da non sottovalutare è quello legato al contratto: Howard, infatti, è in una fase cruciale della sua carriera e, se dovesse scegliere di trasferirsi in una contender, dovrebbe per forza di cose accettare un compenso notevolmente minore rispetto a quello percepito tra Atlanta e Charlotte. 

 

In questo senso, il vincitore dello Slam Dunk Contest all’All-Star Game 2008 potrebbe fare comodo e non poco anche ai campioni in carica dei Golden State Warriors, una macchina devastante cui manca soltanto un ingranaggio per diventare perfetta: il centro. Pachulia e McGee, infatti, non assicurano garanzie importanti e Draymond Green, pur avendo dimostrato di essere in grado di ricoprire il ruolo, rende decisamente meglio da ala forte. 

 

Secondo le ultime indiscrezioni, pare che Howard possa trasferirsi alla corte di Steve Kerr, accettando però di firmare al minimo salariale. Una mossa che gli farebbe perdere soldi che in una squadra meno competitiva guadagnerebbe sicuramente, ma che al contempo gli permetterebbe di rimettersi in gioco in un contesto in cui vincere è l’imperativo e il collettivo prevale sempre e comunque sul singolo.

 

L’ex Orlando Magic, del resto, non lotta ad alti livelli dai tempi degli Houston Rockets e non è mai riuscito a vincere il titolo NBA, pur portandosi  a casa numerosi riconoscimenti individuali, tra cui tre Defensive Player of the Year consecutivi. Se vuole invertire la tendenza, la free agency è l’occasione ideale per valutare il meglio possibile: aggiungendosi in un quintetto in cui sono presenti già fenomeni del calibro di Stephen Curry, Klay Thompson, Draymond Green e Kevin Durant, Howard potrebbe essere la soluzione ideale per completare lo starting five di GSW.